Le prime parole di Pinocchio furono: “Non mi picchiar tanto forte!”
Questo fu il suo primo vagito nei confronti del mondo, che invoca pietà e rispetto. Pinocchio è segnato: l’ascia che gli vuole dare forma rappresenta la realtà che desidera mutilarlo, frantumarlo e ingabbiarlo in uno schema già prefissato. Come il Dioniso di Nietzsche, che si origina dalla lacerazione, anche il Pinocchio di Collodi nasce dalla sofferenza, celata durante il viaggio della sua redenzione, che svela la storia dell’oppressione e la metafora dell’umanità.
È proprio attraverso questo excursus catartico fatto di incontri, stupore, paura e dolore, che Pinocchio arriva alla degradazione metaforica in bestia e trascende l’avversità per ottenere l’umanità. Mario Ceroli, nato nel 1938, in Abruzzo, a Castel Frentano, terra rustica, forte e violenta, cresciuto nel legno, lavato dalla cenere e nutrito dalla terra, si sente toccato nel profondo da tale sofferenza che sente propria e da questo personaggio poliedrico e pirotecnico, nel quale ci si immedesima. Come Pinocchio, anche l’artista nasce e poi rinasce nel legno; come lui, appena venuto al mondo, già sa che deve fuggire, che deve farsi nomade e attraversare terre lontane, rifiutando di essere ingabbiato prima e usato poi dalla società moderna.
Il personaggio di Pinocchio affascina la mente creativa dell’artista (dal 2001 con la prima serie dei “Pinocchi”) proprio per la sua natura ibrida e controversa, perché vuole vivere senza regole, dato che in fondo lui, le regole, non le conosce. Ride e sbeffeggia, canta e balla e, come un rumoroso frastuono, incuriosisce e attrae gli apparenti moralizzatori e i cinici impostori, che vivono la monotonia del quotidiano, bramando però il cambiamento che avverrà. La curiosità e l’euforia, tipica del burattino, ricordano all’artista gli anni vissuti durante la Scuola di Piazza del Popolo, l’entusiasmo che aleggiava tra gli artisti, l’atmosfera fantastica che si respirava e il loro comune desiderio di scoperta. Un sehnsucht, un desiderio del desiderio, che prima era possibile poiché vi era ilpiacere di creare fine a sé stesso e che ora, invece, sembra venire meno. Oggi la gioia di vivere si è tramutata in noia e in fredda prospettiva di mercato; ci si può domandare soltanto: “Desiderare il desiderio è legittimo? Senza interferenze, senza alcuna castrazione reale o simbolica?”
Per Ceroli questo è possibile, poiché lui è Pinocchio e al tempo stesso Geppetto: è emotività e saggezza, pateticità e nostalgia, due facce della stessa medaglia, legate e distinte, in un binomio indissolubile. L’artista stesso si definisce un “falegname”, inteso come colui che da la vita al legno: la coscienza che, come il Grillo Parlante, gli conferisce una morale e ne plasma l’anima creando un’opera d’arte.
Ed è proprio per mezzo dell’atto creativo che lui vuole fermare il tempo, donandogli una forma e scolpendone un determinato momento, pur lasciandolo libero nella sua abissale infinitezza. In questa sospensione l’essere, l’eterno entra nel divenire e diventa esso stesso, eternità. Infatti Ceroli sta come “C’ero lì”, in quel preciso istante, come hic et nunc e come constatazione di presenza e noema della vita. Il pericolo del tempo è rappresentato da tutti quei “Lucignoli” che rubano ore alla nostra vita, facendoci sprofondare nelle sabbie mobili dell’inconsistenza. Perdere tempo, inizialmente, può sembrare ipnotico e piacevole, ma poi ci si accorge che si rischia di finire, da un momento all’altro, in un virtuale paese dei balocchi. Un luogo immaginario e ingannevole, come il sodalizio creato dal Gatto e la Volpe, rappresentati dallo stesso Ceroli come due figure astratte e incolori, che si fanno false guide della nostra esistenza. Ladro della speranza invece è Mangiafuoco, la metafora del potere, il manipolatore per eccellenza che illude e seduce, promette e non mantiene, che distrae con la sua suscettibilità e la sua voce tuonante; che incute timore con la sua bocca grande come un forno e quegli occhi che, come lanterne di vetro rosso, si accendono come lumi al buio, come la speranza degli uomini di ritrovare la forza di sognare.
Alice Falsaperla