Sergio Lombardo. Il silenzio

Sergio Lombardo, Foto d João Canziani, 2022.

Abstract
Silence is a form of recollection that allows us to let the meanings fluctuate in order to grasp other levels of a manifest plan, free from the constraints of meaning within which we find ourselves entangled.
It is a quiet universe that puts the individual back in touch with “the intuition of the cosmos”.
The feeling of noise has spread above all with the arrival of the industrial society, with the progress of urbanization. Technological progress has gone with the greater acoustic penetration in daily life and “nothing has changed the essence of man as much as the loss of silence” (Picard, 1954).
The following article presents itself as an investigation about the case, going through some of Sergio Lombardo’s artistic productions, identifying the achievement of silence as a common solution.
The first part deals with the origin of this research, with “I Monocromi” (1958-1961), making a first comparison with the musical experiments of John Cage; the second part turns to the Eventualista Theory, created by Lombardo, to reflect with the work
“Sfera con sirena” (1968-1969) on the saturation of the action (noise), through the resolution of the same (silence); the third part shows the transition from physical to mental action with “Progetti di morte per avvelenamento” (1970), deepening the concept of nonsimulation and interiority, towards a new aesthetic landing; the fourth part analyzes the structure of “Concerti aleatori per azioni” (1971-1975) to reflect on the “intransigent” muteness of the technological object; within these different parts, appear extracts from my conversations with Sergio Lombardo that explain his avant-garde thinking on silence.

1. I Monocromi (1958-1961): il silenzio è sinonimo di astinenza espressiva

Il concetto di silenzio è stato esperito per la prima volta da Sergio Lombardo con la realizzazione dei Monocromi, tra il 1958 e il 1961, esposti nel 1962 alla GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma1. L’artista mira a produrre opere fruibili nella loro materialità, 1 cercando di stabilire una comunicazione con lo spettatore, mettendo in evidenza il processo pittorico nella sua forma più analitica; l’annullamento della rappresentazione artistica a favore di una «astinenza espressiva» 2, citando una terminologia cara all’autore, in 2 grado di «stimolare l’espressione dei contenuti delle persone comuni» 3 .

Sergio Lombardo, Nero 56, 1960, collage e smalto su tela, 120 x 100 cm, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

Cartoncini quadrati o rettangolari, allineati a distanza costante, fungono ne I Monocromi di Lombardo da elemento modulare. La prima operazione consiste nell’incollaggio con il Vinavil su tela o su carta, come tasselli di una griglia ortogonale, priva di qualsiasi referente esterno. I supporti impiegati consistono in materiali preesistenti e fabbricati su scala industriale, e variano dai lenzuoli al compensato fino ai sacchi di juta.
La seconda operazione è volta alla stesura di un colore unico. L’innovazione risiede nel fatto che in alcuni punti della superficie, la vernice si addensa fino a sgocciolare, mentre alcune zone risultano poco campite al punto da mostrarne la base, a risaltare la componente manuale.
La tela, in quanto tessuto poroso, assimila le sostanze collanti vetrose dello smalto, creando un contrasto tra il fondo, rimasto opaco, e la figura ritagliata lucida che restituisce la capacità riflettente assorbita, trasformando la griglia in un campo visivo ‘cinetico’. La reazione chimica che si viene a creare destabilizza la struttura inizialmente concepita e si approda a un risultato compositivo, dagli scopi non formulati e non controllati, su cui influisce il quoziente di casualità come unica individualità presente.

L’importanza che può avere il Monocromo, da un punto di vista storico-artistico, come puro significante, secondo la logica del ‘grado zero’, è testimoniato anche dalla figura di John Cage (Los Angeles, 1912 – New York, 1992), le cui battaglie in ambito musicale caratterizzano le fondamenta del suo pensiero. Il compositore afferma che il suo interesse relativo alla dimensione fisica e ideale del suono, all’intima sacralità del silenzio, è provocato originariamente dall’incontro con i dipinti bianchi di Robert Rauschenberg (Port Arthur, 1925 – Captiva, 2008), che probabilmente vede a New York alla Betty Parsons Gallery. L’artista americano Irwin Kremen (Chicago, 1925 – Durham, 2020) ricorda di aver visto tali quadri dell’artista nel dicembre 1951, nell’appartamento newyorkese di Cage, prima che li incorporasse nella sua Black Mountain, nel 1952. «Quello che mi ha spinto è stato l’esempio di Robert Rauschenberg, dei suoi dipinti bianchi. Quando li ho visti, mi dissi: “Oh sì, devo; altrimenti sono in ritardo, altrimenti la musica lo è”»4.
Si tratta di cinque tele tutte uguali, con poche tracce sparse di rullo, in cui, come in Lombardo, Rauschenberg si allontana definitivamente dal suo compito d’autorialità espressiva.

Lombardo sintetizza tale intenzione in una nostra conversazione:

Nella produzione de I Monocromi vi è soltanto lo spettatore che guarda l’opera e non sa cosa fare, perché non vede nulla. Il problema sta nel fatto che qualsiasi evento, fenomeno, qualunque sistema complesso, per intenderci, se non ritorna al suo punto di partenza diventa “espressionistico”, specialmente nel campo della pittura, dell’arte.

 

2. Sfera con Sirena (1968-1969): il silenzio come risoluzione del problema

«L’arte di oggi non si accontenta di formare semplicemente il pubblico e di farlo agire sotto la direzione dell’artista; quest’ultimo si elimina eseguendo contemporaneamente la sua distruzione»5, afferma Palma Bucarelli (Roma, 1910 – Roma, 1998) nel contesto della Biennale di Parigi del 1969, della cui sezione italiana è curatrice.

L’intento è dare luogo a quelle ricerche che tentino un superamento della pittura e della scultura tradizionali attraverso opere che, con materiali e modalità differenti, puntino a indagare la dimensione spaziale, analizzata da Sergio Lombardo con la formulazione della Teoria Eventualista. Essa comprende la partecipazione fisica e 6 mentale da parte dello spettatore come completamento dell’opera che approda a un risultato estetico nuovo, consentito dall’esperienza, da cui l’autore si taglia fuori.

La figura dell’artista ora sembrerebbe coincidere con quella dello “scienziato” che progetta stimoli funzionali, finalizzati a provocare l’azione stessa: tanto più un campione di persone reagisce in modo eterogeneo allo stesso stimolo, tanto più coglie lo scopo eventualista.6 Sergio Lombardo nel suo studio con Sette sfere con sirena, Via dell’Arco di Travertino, Roma, 1970, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

Sergio Lombardo nel suo studio con Sette sfere con sirena, Via dell’Arco di Travertino, Roma, 1970, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

L’evento avviene mentre l’individualità del fruitore si manifesta, come nel caso delle situazioniproblema innescate da Sfera con sirena, in cui lo spettatore deve salvare la propria individualità. In quel momento si è espressivi e non scientifici, e io volutamente provoco un atteggiamento di questo tipo. Deve tutto tornare a un “distacco”, a una neutralità scientifica propria soltanto allo sperimentatore (Lombardo 2023).

L’opera Sfera con sirena, progettata nel 1968 e realizzata nel 1969, è stata esposta in occasione della XXXV Biennale di Parigi. Consiste in una sfera mobile dal diametro di 104 cm, in resina poliestere e fibra di vetro che, se spostata dalla posizione originaria, è in grado di produrre il suono assordante di una sirena d’allarme udibile nel raggio di 800 metri. Il segnale acustico, posizionato al suo interno e alimentato a batteria, è collegato a un interruttore a mercurio che si aziona in presenza di movimento. L’allarme cessa solo quando il prodotto artistico viene riportato alla posizione iniziale.
Il problema subentra con la mancanza di punti di riferimento dai quali si può dedurre l’orientamento. La conformazione dell’opera, il movimento circolare e ipnotico che ne consegue, crea nello spettatore un forte senso di ilinx7, vertigine e straniamento, innescando psicologicamente quella che i futuristi definirebbero una “situazione d’emergenza”. I suoni assordanti, inconsapevolmente prodotti, «proliferano per incorporazione alla struttura della creazione, illustrando una maggiore divergenza di codici culturali – tipologia acustica – e fonti mondane – reazione del pubblico – »8.

L’intensità di suggestione aumenta man mano che l’esemplare si carica di molteplici allusioni e significati. Attraverso il traffico e la televisione, molti suoni si sono gradualmente naturalizzati e sono in grado di essere percepiti nella quotidianità con maggiore velocità. Ciò si pone in contrasto con il silenzio che si intende raggiungere, nel caso di Lombardo, solo nel momento della risoluzione del problema.

Sergio Lombardo, Sfera con sirena, Galleria La Salita, Roma, 1969, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

L’improvviso ‘ritorno’ induce a una maggiore attenzione e sensibilizzazione da parte del pubblico nei confronti del contenuto dell’opera con cui si interfaccia. Si tratta di un’assenza che allude all’auto-eliminazione metaforica del sé, in quanto autore, (come anticipato in senso pittorico da I Monocromi) e di un affondo nei confronti della cultura di massa del tempo, anche in senso uditivo. Il rapporto tra l’artista e il fruitore si fa, dunque, questione sociale, attraverso un’acustica non plausibile; un «urlo intimidatorio»9, lo definirebbe il Professor Maurizio Calvesi (Roma, 1927 – Roma, 2020), che non induce alla sottomissione, bensì alla reazione del singolo nei confronti del prodotto artistico, in un’interazione prima affannosa, poi “impossibile” con la successiva produzione de I Veleni.

«Il silenzio è tutto il suono che non intendiamo. Non esiste in senso assoluto, pertanto può benissimo includere suoni e, sempre di più, durante il XX secolo, con il rumore degli aerei a reazione, delle sirene, ecc.» , afferma John Cage. Il modo con cui concettualizza i suoni10 mondani e l’assenza di essi, è condiviso e proseguito dallo stesso Lombardo, che gli renderà omaggio con l’opera Sfera con sirena, esposta nuovamente nel ’93 alla XLV Biennale di Venezia, curata da Achille Bonito Oliva11.

Il teorico statunitense compie una riflessione affine alla funzione assunta da Sfera con sirena, sia dal punto di vista sociale, relativo ai nuovi suoni che popolano la contemporaneità, sia dal punto di vista artistico, poiché il rumore suscitato dall’opera di cui sopra presuppone un’indagine svolta sulla cristallizzazione della durata. «Viviamo nel tempo del rumore»12, esordisce lo scrittore ed esploratore norvegese Erling Kagge (Oslo, 1963). «Le nostre società sono attualmente immerse in una diffusa volontà di saturazione dello spazio e del tempo, proprio attraverso una produzione sonora senza requie»13, osserva il sociologo David Le Breton (Le Mans, 1953), a cui dedica un saggio sull’argomento.

Il silenzio, nel mondo contemporaneo, è intollerabile e richiede un’azione per ridurne la minaccia. Significa introdurre un doppio timore e una doppia ostilità: l’incontro con un mondo sempre più ridotto ai segni e al rumore, sempre meno incline alla ricerca di senso e al pensiero (Le Breton, 2016).

Con la Sfera con sirena di Lombardo si approda al metaforico raggiungimento, per tentativi, ad una situazione originaria nella quale domina l’assoluta mancanza di suono. Dal punto di vista visivo, l’annullamento è suggerito dal luogo asettico; da un punto di vista extra-sensoriale, tale opera dimostra gli studi svolti dall’artista in quegli anni sulle tecniche sciamaniche, la cui contemplazione è indirizzata verso un elemento di sorpresa che annulla ogni riferimento abituale. La ragione è elusa, l’unica conoscenza possibile è ‘superiore’, extra-razionale. Tale modificazione della sensibilità, esperita spontaneamente con il subentrare di un avvenimento insolito, è divenuta, alla fine degli Anni Sessanta, oggetto di ricerca per Sergio Lombardo al punto da conferirgli una forma artistica.

3. Progetti di Morte per Avvelenamento: il silenzio della non simulabilità

Sergio Lombardo giunge ad un bivio ideologico e filosofico: o la vita non è illusione e riesce a trasformare il mondo, o il solo momento creativo è la morte. L’artista realizza una creazione-simbolo di tale concetto, con I Veleni, prima in esposizione il 2 dicembre del ’70 a Roma presso la Galleria La Salita di Gian Tomaso Liverani, con ben 120 esemplari, poi all’Accademia delle Belle Arti di Vienna e nel ‘71 anche presso la Galleria Paramedia di Berlino e alla Galleria Christian Stein di Torino.

L’opera consiste in un piccolo flaconcino di vetro contenente nicotina grezza, stricnina o cianuro, scelte randomicamente dallo stesso artista, posto vicino a una busta sigillata con su scritto parole provocatorie dal carattere di sentenza: Aprire questa busta dopo la morte della persona che avrà assunto il veleno.

Il progetto impiega un crudo minimalismo, in senso estetico, e richiede di usare la modalità più rapida nella costruzione dello stimolo, evitando tutto il superfluo, comprensivo di scelte arbitrarie.

Invito per la mostra Sergio Lombardo, Galleria La Salita, Roma, 1970, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

Nella creazione di tale innesco, l’autore non deve lavorare più come tale, dato che non viene più richiesta né una sua identità stilistica né tantomeno un’espressione dei contenuti personali. Il suo ruolo, citando Lombardo, si è “saturato”; un tentativo, questo, già intravisto ne I Monocromi e ne La Sfera con sirena, che formulano e dichiarano in anticipo il metodo strutturale dell’opera, lontana dalla manualità e dalla creatività ispirata. Anche John Cage, come Lombardo, tenta una riformulazione del ruolo dell’artista, attraverso la sua campagna contro l’ego-investimento e il concomitante interesse per il pensiero religioso asiatico e cristiano.
Tali considerazioni hanno il loro primo impatto socio-culturale negli anni compresi tra il 1948 e il 1952, con la proposta della sua prima composizione muta, Silent Prayer (1948), e con la realizzazione della sua composizione più famosa, 4’33” (1952). Il legame tra questi due differenti silenzi porta John Cage a sviluppare tecniche e razionalità, mentre si impegna nei suoni e silenzi del mondo, per far tacere musicalmente la società.

Ne I progetti di morte per avvelenamento, la vittoria dello spettatore non è suggerita dall’azione, come nella precedente produzione artistica; non da una logica consequenziale di causa-effetto, ma da un processo mentale complesso che innesca il movimento psichico pur rimanendo immobili, anzi, ‘pietrificati’. Similarmente al caso di Cage, l’intento in Lombardo è che «un’altra pienezza sostituisca l’esuberanza nel gioco complesso e mutevole dell’ambiente, che i suoni mentali si precipitino a riempire l’assenza di suono musicale» (Douglas Kahn, 1997).

Complessi dal punto vista contenutistico, I Veleni sono in grado di suscitare reazioni contrastanti, poiché esposti in una teca elementi essenziali, che alludono alla vanitas e alla caducità. Come ammonimento dell’effimero nell’esistenza, viene messo in discussione il tema della morte e della possibilità di sceglierla volontariamente, come sua solenne miniatura. L’emblematica scelta tra l’esistere e il non esistere, tra il sì alla vita e l’annullamento, che è preliminare a tutte le scelte successive dell’individuo, diventa costitutivo dell’opera. «Il silenzio permette un senso acuito dell’esistere, incarna una presenza psichica che avvolge profondamente, pur rimanendo impalpabile» (David Le Breton, 2016).

Il potere di un veleno potrebbe, metaforicamente, garantire la sincerità dell’esperienza, escludendo tutte le altre possibilità: nulla può essere più autentico della morte, perché ogni altra trasformazione sarebbe annullata.
La morte diventa un caso-limite di non simulabilità, dato che, per esempio, la morte del suicida, per quanto premeditata consapevolmente, non potrebbe mai avere il carattere di finzione a causa dell’irreversibilità dell’evento. Si tratta di un’azione che nega l’opera come progetto di morte, il cui contenuto velenoso, se ingerito, è sufficiente a uccidere.
Non è un’istigazione al suicidio o all’omicidio, infatti è chiaro che la possibilità di porre termine alla propria esistenza, ingerendo tale veleno, è più che altro virtuale, poiché la boccetta è esposta all’interno di una teca di cristallo, controllata prontamente da un custode.

L’interazione, dunque, deve implicare un forte impegno psicologico, deve provocare un apprendimento, abbandonando la sfera ludica. Con quest’operazione, Lombardo sottrae al fruitore ogni possibilità di risposta errata; egli non rimane, in questo caso stimolato, bensì sopraffatto. Per tale motivo il silenzio si manifesta simbolicamente come riferimento alla morte in sé e al gioco che deve compiersi all’interno della psiche dello spettatore. Lombardo sposta il punto di fuga della sua indagine dall’interazione manuale a quella cerebrale, quest’ultima più profonda e in grado di modificare l’approccio diretto allo stimolo. Il silenzioso quesito che si pone è filosofico, interiore, al limite dello spirituale; «la parola è senza voce per dire la potenza di un istante, la solennità di un luogo» (David Le Breton, 2016).

4. Concerti aleatori per azioni (1971-1975): per un progetto di silenziamento

I Progetti per azioni sono schemi iconografici ideati nel 1971 da Sergio Lombardo, medianti i quali realizza i Concerti aleatori per azioni, eseguiti per la prima volta in pubblico nel 1972, presso la Galleria GAP e Incontri Internazionali d’Arte, a Roma. Poi il Teatro Scientifico di Via Sabotino nel 1977 e nel 1980, anche insieme a Cesare Tacchi e Renato Mambor, nella cui esperienza aleatoria risultano influenzarsi reciprocamente. In seguito le esecuzioni giungono fino a Tokyo.

Sergio Lombardo, Concerto per danzatore, 1973, esecuzione di Anna Homberg, Jartrakor, Roma, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

 

I Concerti di Lombardo sono sistemi logici che coinvolgono tutti i generi artistici: dalla musica alla danza, dal teatro alla poesia, fino ad arrivare alla pittura, impegnando in compiti schematici, danzatori, mimi, vocalisti, linguisti, ginnasti ed ogni sorta di artisti che tentano di risolvere i generi dell’arte tradizionale in un unico metodo generale.

L’opera d’arte prevede la scissione in una prima parte progettuale, controllata dall’autore, e in una seconda esecutiva, ripetibile fino alla risoluzione del concerto.
I progetti si possono suddividere in tre gruppi: azioni problema, azione con soluzione anticipatamente sorteggiata (SAS) e azioni con soluzioni alternative autodeterminantesi statisticamente (SAAS). L’indice acustico è di tre tipi: variabile (nell’intensità, costante nel tono), modulato (nel tono, costante nell’intensità), monotono (costante sia nell’intensità sia nel tono). Il primo gruppo si collega direttamente ai precedenti e, come nelle “situazioni problema” incontrate con Sfera con Sirena, l’individuo o gruppo di individui, sono introdotti a una situazione non ordinaria. Il secondo gruppo è, invece, basato su possibili scelte individuali ripetute, attraverso le quali si tenta di ottenere una precisa combinazione finale, a loro sconosciuta, ma precedentemente determinata per sorteggio. Il risultato è, quindi, ignoto, «metaforicamente generato da una mente ‘vuota’ quanto lo era prima di diventare mente e, quindi, in sintonia con la possibilità di qualsiasi cosa, dato che non è stata predisposta alcuna immagine mentale di quanto succederà», sostiene Lombardo, ragionando il silenzio che condivide la durata con il suono musicale.
Il terzo gruppo differisce dal secondo perché la combinazione finale, pur essendo ignota agli operatori, non è predeterminata, ma si viene progressivamente formando durante l’azione, poiché sono proprio gli operatori che ‘casualmente’ determinano un tipo di soluzione.

I Concerti Stocastici seguono uno schema a due poli: da una parte gli attori, che devono raggiungere per tentativi (posizione A, posizione B e posizione intermedia neutrale) l’unico comportamento che fa tacere la melodia da loro involontariamente composta; dall’altra gli esecutori che leggono secondo un codice di comportamento e danno istruzioni ad uno strumento elettronico (R-72-SAS o R-73-SAAS) che emette il corrispondente suono. La fluttuazione del numero degli errori commessi dall’attore è simultaneamente tradotta dall’indice acustico che percorre una scala di frequenze: tanto sono più basse quanto sono più alti gli errori, e viceversa. A tale musica stocastica interessa la casualità, una fusione di elementi differenti che, parafrasando l’affermazione del filosofo francese Henri Bergson (Parigi, 1959 – Boulevard de Beauséjour, 1941) sul disordine, consiste in «un’armonia a cui semplicemente non siamo abituati». Un suono non intenzionale che esce dai confini della musica d’arte occidentale e che induce all’ascolto.

Si tratta di concerti non scritti, ma creati in modo casuale in cui un gruppo di persone cerca di risolvere un problema attraverso un processo sperimentale, per prove ed errori. Si parla di danze moderne, ‘alla rovescia’ per la composizione simultanea di motivo e coreografia, in cui i danzatori invece di eseguire una musica o un movimento che già conoscono, ne creano altri ignoti. Questa logica è definita da Lombardo ‘atletica’ poiché sembrerebbe somigliare a quella di una gara sportiva in cui vi è un record all’interno di un sistema di regole prestabilite: l’atleta, come l’attore, può solo ridurre i tempi d’esecuzione producendo un ordine casualmente gerarchico: l’ordine di arrivo.

Precisa Lombardo in un nostro colloquio:
Pensa a una statistica legata al campo musicale. È chiaro che debba avere una media zero, quindi si tratterebbe di un andamento stocastico che giunge per caso da qualche parte e non procede per mio gusto, ma per possibilità percorribili. È neutrale, dunque. Ed è questa neutralità che interessa a me, per cui tutto finisce nel silenzio perché diventa tale.

È una forma di happening non rappresentativa che identifica sé stessa nell’atto del suo svolgimento, senza ripetersi mai allo stesso modo. Si può anche vedere come trasformazione dell’iniziale feed-back negativo in uno positivo, comportando simultaneamente il raggiungimento dello scopo e l’esaurimento del sistema. Il compito è configurato come una competizione e la finalità consiste nell’indovinare «la giusta mimica delle facce, l’esatta frase da declamare, la corretta posizione del corpo da assumere, generando per intervalli un’intensa attività neuronale»14.

Sergio Lombardo, Concerto per danzatore, 1973, esecuzione di Anna Homberg, Jartrakor, Roma, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

L’evento è affidato all’espressività involontaria del processo di apprendimento da parte dell’attore; ciò che lo rende espressivo è lo sforzo provato, nel tentativo di risolvere il problema, e l’insuccesso S. Lombardo, Progetti per azioni, 1971-1975, da Metodo e Stile. Sui fondamenti 14 di un’Arte Aleatoria Attiva in “Rivista di Psicologia dell’Arte” n. 3, Anno II, Roma, 1980, p. 94. nel liberarsi dal compito. Poiché la soluzione del problema è scritta e, come nel caso surrealista del Cadavre Exquis del 1925, sconosciuta all’attore, il suo comportamento non è la recita di un copione già noto, ma l’espressione di uno sforzo psicologico che genera un evento non simbolico.
«Nel suo diario del 10 maggio 1951 Judith Malina ha scritto di un concerto in cui c’è stata una performance di Imaginary Paesaggio n. 4, segnato per 12 radio e 24 giocatori. Il silenzio è una componente importante», scrive il ricercatore Douglas Kahn (Bremerton, 1951) in un articolo pubblicato sull’Oxford Journals della Oxford University, in cui ricorre la partita giocabile a metà tra performance, ricerca sul suono e sul silenzio.

Un’oggettualità simile prende il sopravvento con alcuni esecutori in un’orchestra quando sono istruiti dalla partitura a rimanere in silenzio; si uniscono a un tableaux immobile e muto come i loro strumenti e spartiti. L’unica differenza tra loro e il primo di 4’33” è che il secondo si esibisce da solo. 4’33” non è stato solo un gesto per Cage, ma qualcosa che ha preso sinceramente a cuore e uno dei momenti chiave nello sviluppo della sua maturità filosofica e pratica (Kahn, 1997).

Si pone un parallelismo tra la struttura di un concerto e una delle opere massime di John Cage, il cui unico precedente risale al 1940, a San Francisco.

Avevo fatto domanda per entrare nella sezione musicale della WPA, ma si sono rifiutati ammettermi perché dicevano che non ero un musicista. Così ho pensato a giochi che implicassero il movimento nelle stanze, il contare, l’occuparsi di un qualche tipo di ritmo nello spazio. L’ospedale ricordava l’ambiente di a concerto musicale (John Cage, 1958).

Un argomento che lo stesso Lombardo ha reso emblematico con l’azione solitaria degli attori durante i Concerti, col fine di un ‘silenziamento’. Il passo ultimo di «interpolare il suono (e quindi la musica) su un silenzio apparentemente intransigente degli oggetti, fa si che lo strumento elettronico diventi musica in potentia»15, indicando il raggiungimento della soluzione. Se il silenzio fosse davvero suono, allora anche tutta la materia deve essere udibile, data la tecnologia adeguata a rilevare le attività sonore; si dissolve poiché la tecnologia nega l’inudibilità e proibisce il silenzio. Cage ha giocato un ruolo unico in quanto ha portato la strategia d’avanguardia alla sua logica. Il silenzio derivato dal “silenziamento” dello strumento stesso ha il suo origine nello stato di oggetto degli equipaggiamenti musicali (Kahn, 1997).

Sergio Lombardo, attraverso tali produzioni, volge a una nuova formulazione concettuale dell’interazione tra individuo e opera. L’operazione di proporre al fruitore il prodotto artistico viene capovolta a favore di una partecipazione completa in essa, per una comprensione e un ascolto superiore. Tale pensiero affonda le radici in una ricerca psicologica ed estetica insieme, capace di innescare, in uno D.Kahn, p. 560. 15 schema di progetto ed esecuzione, “perturbazioni interne al sistema”16 della tradizione artistica. Ci si pone di fronte a problemi ontologici che riflettono sull’eventualità, sull’errore e sulla scientificità legata all’azione, in cui il raggiungimento della condizione di silenzio coincide con la risoluzione del quesito innescato.

Nel momento in cui il fruitore consegue il silenzio, non solo raggiunge la soluzione del problema posta dallo sperimentatore, ma avverte un piacere pratico, ovvero quello di “fare bene qualcosa”. Lo spettatore si trova in un vicolo cieco in cui, se non risolve il problema per come se ne esce, ne potrebbe rimanere incastrato. La bellezza si manifesta quando risolvi il problema, mentre si raggiunge una forma di piacere operativo (Lombardo, 2023).

L’Artista spera in un pubblico ideale e, spesso, può diffidare della qualità d’interazione con le proprie creazioni da parte dei contemporanei e dei posteri. Lombardo opera una forzatura a questa diffidenza, ‘obbligando’ il fruitore a interagire con l’opera fino a doverla completare, fino a cogliere l’errore nell’interpretazione al punto in cui diviene esatta, e si fa silenzio. Allora, forse, in questo risiede il valore di questa sperimentazione e, cioè, rendere manifesto l’impulso generatore di trattenere il coinvolgimento totale del fruitore, del suo impegno fisico e psichico, fino a influenzarne la vita: dove la natura dell’artista fatica a bastare a sé stessa nei confini della propria unica esistenza.

Alice Falsaperla

Sergio Lombardo con Cesare Tacchi e Renato Mambor, Roma, 1962, courtesy Archivio Sergio Lombardo.

Note

1 Premio per Giovani Artisti alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1962.
2 F. Pola, Dai Quadri ai Superquadri, in astinenza espressiva. Intervista a Sergio Lombardo da “Rivista di Psicologia dell’Arte”, Nuova Serie, n. 32, Anno XLII, 2021, p. 58.
3 “L’artista? Ha l’”astinenza espressiva” (1994), da S. Zacchini (a cura di), Scritti
Volume I 1963-1999, Arezzo, Magonza Editore, 2023, pag. 418.
4 J. Cage, Composition as Process da Il silenzio, Wesleyan University Press, 1958.
5 P. Bucarelli, Italie, dal catalogo Sixième Biennale de Paris. Manifestation biennale  et internationale des jeunes artistes du 2 octobre au 2 novembre 1969, Musée d’Art Moderne de la Ville, Parigi 1969, p. 80.
6 S. Lombardo, L’evento da La teoria eventualista, da “Rivista di Psicologia 
dell’Arte”, n.14-15, Anno VIII, 1987, p. 40.
7 R. Caillois, Dalla turbolenza alla regola da I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine [1958], traduzione di L. Guarino, Milano, Bompiani, 2017, p. 62.
8 D. Kahn, John Cage: Silence and Silencing da The Musical Quarterly, Vol. 81, n. 
4, 1997, p. 557.
9 M. Calvesi, I “fortuita eventa”, in Sergio Lombardo, a cura di M. Mirolla, catalogo 9
della mostra, MLAC — Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Roma, 1995,
pp. 7-10.
10 J. Cage, Il silenzio [1961], traduzione di G. Carlotti, Milano, Il Saggiatore, 2019.
11 John Cage era ancora poco conosciuto nel periodo del Dopoguerra. Era molto  particolare quel periodo, ancora la cultura passava attraverso vari canali, tra cui la televisione, e io l’ho conosciuto solo attraverso questo punto di vista, inizialmente.
Lui partecipava in televisione alla trasmissione di Mike Buongiorno, come anche Filiberto Menna. Però poi ho avuto modo di approfondirlo insieme a Lo Savio e a Manzoni. John Cage parlava di innovazione, di Futurismo, studiava la radio futurista e i loro vari programmi, attribuendogli, anche lui come me, una forte radice della cultura e della ricerca. Nel ’93 alla XLV Biennale di Venezia, abbiamo fatto un omaggio a John Cage e la critica che organizzò l’esposizione era Alanna Heiss del PS1 (Public School One) di New York. Io avevo portato la Sfera con Sirena (1968-1969), i Concerti Aleatori (1971-1975) e le mattonelle stocastiche che formavano il Pavimento Stocastico (1993); è proprio in questa mostra, in omaggio a John Cage, che presentai i miei primi pavimenti stocastici. Conversazione con Sergio Lombardo (novembre 2020).
12 E. Kagg Il silenzio [2016], traduzione di M. T. Cattaneo, Torino, Giulio Einaudi, 2017.
13 D. Le Breton, La sovranità del silenzio, traduzione di E. Mancino, Milano, Mimesis, 2016.
14 S. Lombardo, Progetti per azioni, 1971-1975, da Metodo e Stile. Sui fondamenti di un’Arte Aleatoria Attiva in “Rivista di Psicologia dell’Arte” n. 3, Anno II, Roma, 1980, p. 94.
15 D.Kahn, p. 560.
16 M. Mirolla, Underground Eventualista. La ricerca estetica in Italia 1972-2019, da “Rivista di Psicologia dell’Arte”, Nuova Serie, Anno XXXIX, nº 29, 2018, p. 28.

Bibliografia

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